Les fruitiers rares
 
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Pubblicazione : 2007.
Autore : Sergio CARLINI.

Proprietà letteraria riservata.

 

 

Fico : l'effetto positivo della disidratazione contro il freddo

 

 

 

Penso (da mia esperienza personale) che un flusso di acqua relativamente calda alle radici ritardi la maturazione del legno, per quello che chiamo effetto “marcita”. Le “marcite” erano una forma di coltivazione inventata dai monaci benedettini nel medioevo. Ad effetto del continuo flusso laminare di acqua sui prati (a 5, 6 °C), e nel suolo sottostante, l’erba rimaneva verde, ed in piena vegetazione (quando l’altra era gia "addormentata” dal gelo) era anche a dicembre, permettendo due o tre falciature all’anno (invece di una sola), anche nelle zone alpine.

Penso infatti che l’acqua, che la una elevata capacità termica, e di norma una temperatura superiore a quella atmosferica, mantenga in maggiore attività e succulenza la pianta, salvo poi a ricevere maggiori danni quando arriva il gelo. Il gelo (peraltro) per i tessuti vuol dire anche “siccità improvvisa e totale”, dato che il ghiaccio è solido.

I miei fichi che vivono in una zona umida e tiepida sono regolarmente un po’ danneggiati (anche se non gravemente) dal gelo, che li coglie sempre pieni di succhi. La cosa non accade ai fichi in zone aride, ventilate, e fredde. Nelle località dove il freddo è applicato progressivamente e ripetutamente la pianta è indotta a ridurre progressivamente il proprio metabolismo vitale.

Per quanto riguarda la disidratazione del fico, non ritengo che sia il caso di considerare le mie affermazione come una “tesi scientificamente provata”, intendo con “propositi”, “controlli”, ecc. Faccio capo per le mie considerazioni su quanto segue : tutte le piante che svernano al gelo hanno capacità di ridurre la propria idratazione, ed hanno sostanze antigelo nei succhi. I succhi del fico sono ricchissimi di amido e resine, che sono accumulati da fotosintesi in stagione calda e sono essenziali per le nuove vegetazioni. Il fico ha costituzionalmente una fisiologia adatta ad operare in ambiente arido, e quindi fortissima tendenza all’assorbimento idrico.

L’eccesso idrico (rischio costante in ambienti non propri), produce eccessivo accumulo idrico nei tessuti ed eccesso di vegetazione. L’eccesso idrico è un pericoloso scompenso che compromette la scorta di succhi “antigelo” ne provoca l’utilizzo, e ne diluisce le rimanenze. Gli esemplari di fico che sopravvivono in quota in condizioni estreme sono sempre collocati in ambiente molto arido, in clima altrettanto arido. Dato che la concentrazione dei succhi è dovuta primariamente alla loro produzione, è necessaria anche una stagione estiva soleggiata e calda.

In sintesi : l’albero di fico è una pianta da clima arido, coltivazioni in clima umido sono coltivazioni in ambiente non proprio. Il riportare le condizioni in ambiente proprio possono solo migliorare non solo la sua resistenza, ma anche la sua produttività. In ambiente mediterraneo i problemi da eccessivo vigore di piante di fico in ambiente umido sono ben noti, (mancata produttività e debolezza).

Le mie considerazioni sono riemerse vedendo la foto di un collezionista di Svezia col suo albero di fico, in ottobre, immerso in verdissima ed umida erba, con verdissime foglie e fusti perfettamente erbacei, esattamente come sono i fichi qui a giugno. Troppo all’umido, troppo oneroso l’investimento fogliare continuato (e finale) sprecato, quelle giovani foglie che fotosintesi potranno produrre ?

Naturalmente ci vuole anche più calore, se possibile, ma qui (in Italia) nel ruscello vicino all’orto è nato un caprifico, letteralmente nell’acqua, anche quello era esattamente (ad ottobre), con tutte le foglie verdi ed i fusti erbacei, ed in intensa crescita. L’albero all’arido, sulla montagna, aveva gia i fusti in buona parte lignificati.

 

 

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